Buongiorno,
questo mese lasciamo la parola a Miki.
Potete leggere questo articolo anche sui blog: Miki in the Pinkland, Stasera cucino io, Books Land, Un libro per amico e BTS of my Soul.
Ho fatto il mio primo tatuaggio
il 14 Gennaio del 2006, dopo un orrendo periodo della mia vita. E'
piccolo, relativamente nascosto, ma racchiude un forte
significato.
Il secondo, fatto il 17 Ottobre del 2012, è legato
ad un altro brutto episodio, ma, ogni volta che lo guardo, non posso
trattenere un sorriso.
L'ultimo, il 17 Ottobre del 2015, è il più grande ed è legato a tantissimi momenti di gioia. Non è quello realizzato meglio, purtroppo, ma lo amo infinitamente.
L'ultimo, il 17 Ottobre del 2015, è il più grande ed è legato a tantissimi momenti di gioia. Non è quello realizzato meglio, purtroppo, ma lo amo infinitamente.
"E se poi te ne penti?"
"Ma sai che brutto
quando sarai vecchia?"
Le
reazioni di molte persone davanti ai miei tatuaggi è alquanto
discutibile.
Non ho mai pensato al tatuaggio come una moda o un ornamento e sicuramente si tratta di una decisione con cui farò i conti per tutta la vita.
Ma non è così per ogni decisione presa?
Le conseguenze saranno davanti ai nostri occhi sempre, che si vedano o meno.
E quando sarò vecchia, il mio corpo potrà non essere gradevole alla vista di qualcuno, ma non sarà un tatuaggio a renderlo peggiore. E comunque ci si può sempre girare dall'altra parte.
Commenti del genere non mi danno più fastidio, ormai ci ho fatto l'abitudine, ma ci sono alcune obiezioni che puntualmente mi fanno contare fino a dieci prima di rispondere:
Non ho mai pensato al tatuaggio come una moda o un ornamento e sicuramente si tratta di una decisione con cui farò i conti per tutta la vita.
Ma non è così per ogni decisione presa?
Le conseguenze saranno davanti ai nostri occhi sempre, che si vedano o meno.
E quando sarò vecchia, il mio corpo potrà non essere gradevole alla vista di qualcuno, ma non sarà un tatuaggio a renderlo peggiore. E comunque ci si può sempre girare dall'altra parte.
Commenti del genere non mi danno più fastidio, ormai ci ho fatto l'abitudine, ma ci sono alcune obiezioni che puntualmente mi fanno contare fino a dieci prima di rispondere:
"Sì, i tatuaggi sono
belli... Su un uomo però, non su una donna"
"Eh, ma tu sei femmina,
perché ti stai rovinando così?"
Perché
nel 2016, troppe
molte persone - e tante sono donne - apprezzano questo,
ma
disprezzano questo.
Il tatuaggio è uomo? Non
direi proprio...
Le prime tracce di tatuaggi
sono state ritrovate su corpi di donne.
Amunet,
vissuta a Tebe nel 2200 a.C., era una sacerdotessa della dea Hathor.
La sua mummia presenta tatuaggi sul ventre a cui sono stati attribuiti significati legati alla fertilità.
Altre mummie di donne risalenti allo stesso periodo riportano tatuaggi, assenti invece sui corpi degli uomini.
Il corpo della principessa Ukok
è stato ritrovato in Siberia nel 1993. Risale a 2500 anni fa e
presenta tatuaggi dall'aspetto sorprendentemente moderno: una sorta
di animale mitologico - una renna con il becco di grifone e le corna
di un capricorno - le ricopre la spalla sinistra e altri simboli sono
presenti sulle mani. Probabilmente stavano ad indicare un ruolo
superiore a quello degli altri appartenenti alla comunità.
E' profondamente in errore chi
pensa che il tatuaggio sia un fenomeno nuovo.
In un remoto passato era comune
anche per le donne mostrare questi segni indelebili sul corpo. Le
motivazioni potevano essere diverse e potevano essere legate alla
fertilità, alla guerra, alla posizione, al tramandarsi visivo del
sapere, e già all'epoca era considerato un modo per abbellire il
corpo.
Non ho trovato molte
informazioni sul come e sul perché sia cambiata la concezione che si
ha di questa pratica.
L'Imperatore Costantino la
proibì con un decreto che si appellava al Levitico (19,28), in cui
si condannavano i marchi sulla pelle, e risalgono al XVII secolo le
prime testimonianze secondo le quali il tatuaggio era identificato
con il mondo delle prostitute e dei criminali. In questo periodo,
infatti, le cortigiane cominciarono a farsi tatuare.
Dalla seconda metà dell'800 fino agli anni '40, sfoggiare un tatuaggio per una donna era un atto coraggioso, che sfidava i rigidi tabù dell'epoca.
Dalla seconda metà dell'800 fino agli anni '40, sfoggiare un tatuaggio per una donna era un atto coraggioso, che sfidava i rigidi tabù dell'epoca.
Ballerine di Night, ragazze dei
Freak Show, modelle alternative, antenate del moderno burlesque,
andavano in giro con i corpi completamente tatuati.
Una
delle prime Circus
Ladies
di cui si ha testimonianza è Nora
Hildebrandt,
che nel 1882, all'età di ventidue anni, con i suoi 365 tatuaggi
realizzati dal padre (uno al giorno per un anno), venne fatta esibire
al Brunell's Museum di New York.
Qualche settimana dopo toccò ad Irene Woodward, Bella Irene, autoproclamatasi "The Original Tattooed Woman".
Qualche settimana dopo toccò ad Irene Woodward, Bella Irene, autoproclamatasi "The Original Tattooed Woman".
Betty
Broadbent
fu ribattezzata "la più giovane donna tatuata al mondo".
Aveva 17 anni quando, stufa di fare la babysitter, andò a New York e
si fece tatuare Pancho Villa sulla gamba sinistra, Charles Lindbergh
sulla destra ed una Madonna con Bambino sulla schiena. Tanto per
iniziare. Betty fu la prima ad esporre i suoi tatuaggi per quello che
erano. Non raccontava, come le altre circus ladies, storie di
rapimenti e sevizie da parte di indiani, per attrirare l'attenzione
della gente. Betty era diversa. Era giovane, sicura di sé ed
anticonformista.
Queste ed altre figure contribuirono, in maniera diversa, alla nascita delle prime associazioni di donne tatuate per scelta (negli anni venti, in America, gli uomini facevano tatuare le mogli, anche contro la loro volontà, in segno di possesso), che, dall'epoca vittoriana in poi, si identificavano anche con le più indipendenti economicamente e con coloro che avevano avuto la possibilità di viaggiare senza sottostare a mariti e famiglie oppressive.
Queste ed altre figure contribuirono, in maniera diversa, alla nascita delle prime associazioni di donne tatuate per scelta (negli anni venti, in America, gli uomini facevano tatuare le mogli, anche contro la loro volontà, in segno di possesso), che, dall'epoca vittoriana in poi, si identificavano anche con le più indipendenti economicamente e con coloro che avevano avuto la possibilità di viaggiare senza sottostare a mariti e famiglie oppressive.
Donne
che esibivano la loro pelle illustrata con un coraggio paragonabile
alla stessa irriverenza rivoluzionaria delle prime suffragette e
delle protofemministe, che fecero propria una pratica vietata per
secoli in Occidente, da papi, teologi, sovrani, e ne fecero
espressione di bellezza ed autonomia, trasgredendo gli ideali di
purezza
e decoro femminile.
Risale agli inizi del '900 anche
la prima tatuatrice donna, Maud Wagner, nata nel 1877 in Kansas.
Maud era una trapezista e contorsionista, che lavorava in
numerosi circhi itineranti. Iniziò ad esercitare la reietta
professione, dopo aver incontrato Gus Wagner, un tatuatore, che sposò
qualche anno dopo il loro incontro e da cui ebbe una figlia, Lotteva,
che iniziò a tatuare all'età di nove anni ed è diventata lei
stessa un'artista.
Maud faceva a pugni con i perdigiorno che entravano nella sua bottega per allungare le mani e incideva cuoricini con il nome dell'amato sulla pelle di giovani fidanzate, quali sigilli d'amore indelebili. I Wagner, nonostante l'invenzione del tatuaggio a macchina, rimasero fedeli alla tradizionale tecnica "hand-poked", che portarono in giro per tutti gli Stati Uniti.
Maud faceva a pugni con i perdigiorno che entravano nella sua bottega per allungare le mani e incideva cuoricini con il nome dell'amato sulla pelle di giovani fidanzate, quali sigilli d'amore indelebili. I Wagner, nonostante l'invenzione del tatuaggio a macchina, rimasero fedeli alla tradizionale tecnica "hand-poked", che portarono in giro per tutti gli Stati Uniti.
Un articolo a parte dovrebbe
essere scritto per parlare della tradizione orientale, e giapponese
in particolare, del tatuaggio. Nella seconda metà del '900, i tattoo
sono stati una forma di ribellione contro il governo. A quell'epoca
infatti, le donne della classe media non potevano indossare i kimono,
riservati solo alle nobildonne, e si facevano tatuare sul corpo
disegni simili a quelli delle sete preziose con cui venivano
realizzati.
Con il passare degli anni, il
tatuaggio fu associato sempre di più al corpo maschile, diventando
prerogativa di militari e marines e, successivamente di alcune
categorie di individui che vivevano ai margini della società, come
marinai e carcerati.
Ciò portò ad una vera e propria stigmatizzazione delle donne tatuate, che continuarono però ad utilizzare questa forma d'arte per esprimere una protesta ed il distacco dalla modernità, come negli anni '60-'70 con il fenomeno hippie.
Ciò portò ad una vera e propria stigmatizzazione delle donne tatuate, che continuarono però ad utilizzare questa forma d'arte per esprimere una protesta ed il distacco dalla modernità, come negli anni '60-'70 con il fenomeno hippie.
Solo
a partire dagli anni '80/'90 il tatuaggio comincia a ripulirsi
di tutte i pregiudizi che gli hanno affiancato nel tempo, ma continua
a rimanere critico il fenomeno sul corpo femminile.
Ad oggi possiamo assistere a
fenomeni diversi. da una parte ci sono modelle e donne dello
spettacolo che sfoggiano un corpo tatuato con disegni delicati,
piccoli e che seguono le linee di un corpo senza difetti, che segue i
canoni di una bellezza conforme agli stereotipi, dall'altra ci sono
donne che praticano il tatuaggio come nell'antichità e lo vedono
come uno strumento di comunicazione visiva di un messaggio.
Svariate
sono le motivazioni che portano le donne a tatuarsi e ciò è stato
anche oggetto di "studio" da parte di alcuni ricercatori
francesi, che sono approdati a risultati alquanto discutibili: "Le
donne tatuate sono considerate dagli uomini della Bretagna più
attraenti e più disponibili".
Lampante esempio di una visione limitante e stereotipata.
Tatuaggio
come body art ma anche come terapia, per camuffare menomazioni
chirurgiche, traumi del corpo e dell'animo.
Ed è proprio con questo che voglio concludere.
P.Ink è un'associazione che si propone di mettere in contatto donne sopravvissute ad un cancro al seno e sottoposte a mastectomia con tatuatori disposti a donare loro una forma di guarigione che nessun altro può dare.
Perché il cancro al seno non deve lasciare l'ultimo segno.
Ed è proprio con questo che voglio concludere.
P.Ink è un'associazione che si propone di mettere in contatto donne sopravvissute ad un cancro al seno e sottoposte a mastectomia con tatuatori disposti a donare loro una forma di guarigione che nessun altro può dare.
Perché il cancro al seno non deve lasciare l'ultimo segno.
Miki
CONSIGLIO
DI LETTURA: Corpi sovversivi. Donne e tatuaggio, una storia segreta
(http://www.amazon.it/Corpi-sovversivi-tatuaggio-storia-segreta/dp/8867760343/ref=sr_1_1?ie=UTF8&qid=1454086202&sr=8-1&keywords=corpi+sovversivi
)
FONTI:
Grazie Miki per avermi fatto conoscere la storia dei tatuaggi e l'associazione P.Ink. La foto del tatuaggio che riprende i disegni del kimono mi piace moltissimo. Personalmente non amo né le donne né gli uomini eccessivamente tatuati, ma come per ogni cosa ognuno è libero di fare la propria scelta. Al momento non ho tatuaggi, ma l'idea di farmene fare uno c'è.
Al
prossimo mese,
Francesca, Daniela, Federica, Jennifer, Miki e Monica.
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