Esce oggi "Io sono l'usignolo", thriller scritto dall'autrice Emanuela Navone. Per saperne di più visitate la pagina FB dedicata al libro cliccando QUI 😉

Titolo: "Io sono l'usignolo"
Autrice: Emanuela Navone
Editore: Autopubblicato
Genere: Thriller
Pagine: 330
Prezzo cartaceo: ND - ebook: 2,99
TRAMA
Chi
è Florian Chevalier e perché ha bruciato la casa del sindaco di Val
Salice? Questo si domanda il giornalista Rubino Traverso,
intenzionato a scoprirne di più e sorpreso che nessuno voglia
raccontare nulla.
Quando,
proseguendo le ricerche, inizia a ricevere disegni bizzarri e strani
messaggi intimidatori, capisce che la verità non deve venire a galla.
Che cosa nascondono gli abitanti di Val Salice?
In
un agosto spazzato dal vento, Rubino scoprirà a poco a poco che
perfino un piccolo paese sperduto fra i monti liguri ha i suoi
scheletri nell’armadio. E dovrà scoprire quali.
Ecco un estratto tratto dal libro.
PRIMO
CAPITOLO
Lunedì
21 agosto 2000
Il
trasloco a Val Salice iniziò sotto i peggiori auspici.
Primo punto: appena partiti dovemmo tornare indietro perché Rossana
aveva dimenticato il valigiotto con creme, detergenti e qualsiasi
orpello con cui donne come mia moglie si divertivano in bagno.
Secondo punto: partiti per la seconda volta, dovemmo di nuovo tornare
indietro perché Stella non trovava Lalla e se non aveva la sua
bambola di pezza rischiava di patire l’autostrada.
Terzo punto: Oscar, il gattone rosso e pigro, decise che non amava
più la gabbietta e dovemmo farlo uscire, con la conseguenza che
passò il viaggio disteso sulle cosce di Rossana, emettendo di tanto
in tanto un miagolio di vero dolore.
Morale: arrivammo a Val Salice due ore dopo il previsto, sotto un
temporale di quelli che ti annegano appena metti un’unghia fuori,
Rossana e Stella nervose e io più sudato di quando, al mare, mi
ostinavo a non prendere sdraio e ombrellone perché non mi andava di
sborsare ventimila lire.
Ciliegina sulla torta, appena scendemmo dalla BMW, infagottati sotto
giacchette leggere prese alla spicciolata in una valigia, Stella
iniziò a starnutire.
Di per sé, qualche starnuto non è grave, ma essere sposati con
Rossana De Simone equivaleva a una delle Grandi Tragedie.
Le hai portate le medicine? No che non le hai portate, vero? E adesso
come facciamo diavolo adesso le verrà la febbre e non hai portato le
medicine e se si sente male bisogna chiamare l’ambulanza andare al
pronto soccorso che poi l’ultima volta siamo stati lì ore.
Neanche il tempo di scaricare i bagagli che dovetti fiondarmi in auto
e cercare una farmacia in quel paesino sperduto tra i monti liguri.
Così iniziò la mia nuova vita lontano dalla città. E mentirei se
dicessi che ero elettrizzato.
Il campanello suonò mentre la porta si apriva. Mi sfregai le mani
l’una contro l’altra, intirizzito nel giubbotto leggero. Le
scarpe di tela filtravano l’aria come ciabatte da mare. Feci due
passi. File di scaffali di legno ospitavano un melting-pot di
medicinali, mentre dietro il bancone, una vecchia credenza conteneva
piccole brocche forse dipinte a mano. In un angolo, una vecchia
bilancia si incastrava tra due depliant che promettevano la migliore
soluzione alla tosse secca e spiegavano perché fosse nocivo fumare
in gravidanza.
La farmacia di Ca’ Tonda, paesino minuscolo vicino a Val Salice,
era un pot-pourri di scatoline colorate. Se avessi avuto dietro la
mia reflex, mi sarebbe piaciuto catturare qualche sfumatura, un verde
smeraldo, un rosso mattone o un bianco panna.
La donna dietro il bancone batteva sui tasti del registratore di
cassa e parlottava tra sé. Al suono del campanello, alzò lo
sguardo. «Buonasera» cinguettò.
«Buonasera.» Mi avvicinai con le mani in tasca.
«Freddino, vero?»
«Già.»
La donna diede una rapida occhiata al registratore di cassa. Il
pollice e l’indice grattavano pigramente il mento. «Oggi il buon
Charlie non ne vuole sapere di funzionare.»
Dovevo avere un’espressione stupita perché la donna scoppiò a
ridere.
«Charlie è il nome che ho dato al registratore» spiegò.
«Ah.»
«Che cosa desidera?»
«Del paracetamolo. Mia figlia ha un forte raffreddore e mia moglie
teme le venga la febbre.»
La farmacista annuì e uscì dal bancone. Una piccola botte in camice
bianco. «In questo periodo è facile ammalarsi» disse mentre
rovistava in uno scaffale. «Turisti?»
«Ci siamo trasferiti oggi a Val Salice.» Assunsi una delle mie
migliori espressioni scocciate per troncare il dialogo. Non avevo di
certo tempo da perdere in inutili chiacchiere.
La farmacista terminò la ricerca su uno scaffale e passò all’altro.
«Un posticino accogliente, vero?»
Tentativo fallito.
«Sa che è stato quasi raso al suolo da un incendio?»
In meno di un secondo, la mia espressione scocciata diventò
incuriosita. «Non lo sapevo.» Fissai la donna con vivo interesse.
La farmacista pescò una confezione di paracetamolo nascosta tra un
flacone di sciroppo per la tosse e un detergente intimo. Caracollò
verso il bancone e vi posò la medicina. «Successe vent’anni fa.»
Scosse la testa. «Una vera tragedia.»
Posai una banconota da ventimila lire accanto al registratore di
cassa. Lo sguardo della farmacista sembrava afflitto, ma dietro si
scorgeva qualcosa, una specie di forte desiderio, un’aspettativa.
dai chiedimi cosa successe ti prego
Stetti al gioco.
«Che cosa successe?»
La donna parve gonfiarsi come un palloncino. Si allungò verso di me
e mise una mano sulla bocca. «L’incendio distrusse la casa del
sindaco e si propagò per metà del paese. Montignani, sua moglie e
suo figlio non ce la fecero.» Tamburellò le dita sul bancone.
«Aveva appena vent’anni, quel povero ragazzo. Morire così... Che
destino ingiusto.»
Presi il flacone di paracetamolo. «È stato un incidente?»
I grandi occhi da lontra della farmacista mi guardavano fissi. «Certo
che no. Florian Chevalier. L’usignolo.» Si diede un colpetto sulla
tempia. «Un pazzo.» Armeggiò ancora qualche istante con il
registratore. «Non è serata, vero, Charlie?»
«Usignolo?» Mi stava prendendo in giro?
«Così si faceva chiamare. Non so il motivo.» Risatina civettuola.
«Perché lo ha fatto?» Misi la medicina nella tasca dei jeans.
La donna fece spallucce. «Lo chieda agli abitanti di Val Salice.»
Riprese ad armeggiare con il registratore di cassa. «Le scoccia se
non batto lo scontrino?»
Feci un saluto smozzicato. Non mi scocciava. Uscii.
Oh, se lo avrei chiesto. Lo avrei chiesto di certo.
Quella palla con il camice addosso non sapeva che le tragedie erano
il mio pane quotidiano.
Rubino Traverso, giornalista e fotoreporter: questa è roba per te.
L'AUTRICE

Emanuela
è nata a Genova e vive in un paesino sperduto sui monti proprio sul
confine con il Piemonte.
Scrive
da quando era una bambina, e da allora ne è passata di acqua sotto i
ponti. È cresciuta a pane e Stephen King, e gran parte della sua
esistenza l’ha trascorsa leggendo i suoi horror e i fantasy della
Bradley, Tolkien, Goodkind e autori meno famosi.
Nel
2014 ha finalmente ottenuto la laurea dopo anni di lacrime e sangue e
si è trovata nel mondo reale e ha scoperto che era pieno di denti
aguzzi. È diventata assistente editor per Edicolors, una casa
editrice specializzata in narrativa per l’infanzia; poi, cedendo
allo smisurato ego che la divora, ha deciso di diventare freelance.
Vive
in una grande casa circondata da gatti — prima o poi diventerà
come la gattara dei Simpson. Oltre alla scrittura, adora la musica
metal e la fotografia. La trovate spesso in giro per i boschi con la
sua fedele reflex e la testa sulle nuvole.
Ha
pubblicato, sempre come self, il breve Prontuario
di editing e il racconto Reach,
contenuto anche nella raccolta a scopo benefico Only
Hope.
Sito web:
https://www.emanuelanavone.it
Blog
(al momento chiuso, ma potete trovare le vecchie recensioni):
https://www.anticocalamaio.blogspot.it
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