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Recensione "La felicità è un battito d'ali" di Wendy Wallace

 

Titolo: "La felicità è un battito d'ali"
Autrice: Wendy Wallace
Casa editrice: Piemme
Pagine: 392
Prezzo: 18,00
TRAMA
Anna è cresciuta in riva al mare, cullata  dall’impeto delle onde e dal grido rauco dei 
gabbiani. Le è stato insegnato a essere forte, come un ragazzo, come il figlio maschio  che la sua famiglia non ha mai avuto. Non  è abituata a chiedere il permesso prima di  fare qualcosa. Non lo chiede nemmeno  al marito, che ha sposato da pochi mesi,  quando decide di andarsene di casa per qualche giorno e prestare soccorso ai superstiti di un naufragio. Lascia un biglietto e parte. Ma al ritorno l’attende una punizione inesorabile: il marito la fa internare in un istituto psichiatrico per donne della buona società, dove si ricorre a metodi tutt’altro che nobili per piegare le passioni, sedare gli animi inquieti, curare quell’isteria che secondo la medicina dell’Ottocento è propria della natura femminile.
Anna si rende conto ben presto che proprio lì, dove si decide della libertà di esseri 
umani, nulla è come sembra e c’è chi approfitta del labile confine tra normalità e 
pazzia per nascondere fini che non hanno nulla a che vedere con la medicina. Nell’impossibilità di spiccare il volo per superare l’alto muro di cinta che isola l’istituto da Londra e dalla vita, Anna cercherà allora l’appoggio di anime affini, menti aperte disposte ad ascoltare la sua voce, la sua verità: una ragazza che si nutre di poesia per placare il suo desiderio di avventura; un giovane medico affascinato dalla nuova arte della fotografia. Ma dovrà anche fare appello a tutta la sua forza di volontà per non lasciarsi piegare. Prima che quella gabbia la spinga davvero alla follia.

LA MIA OPINIONE 
Anna è una ragazza forte che vive insieme a sua madre in una casa vicino al mare. Sua madre dopo la morte di suo padre ha cominciato a odiare profondamente il mare e barricatasi in casa piano piano si ammala e con lei la casa che comincia a cadere a pezzi.  Nel frattempo Anna "grazie" alla sorella Louisa conosce il reverendo Vincent Palmer che dopo un breve scambio di battute con lei comincia a farle capire di provare un certo interesse e dopo poco infatti le chiede di sposarlo. Anna accetta credendo di provare in quel momento amore per lui anche se in sostanza sono due estranei e con vent'anni di differenza e si trasferisce a Londra ma dopo sette mesi scopre che l'unione non è affatto come se l'aspettava, Vincent è distante e per niente caloroso e dopo che Anna trova una lettera sospetta indirizzata a lui e dopo che lei parte improvvisamente per prestare soccorso a dei naufraghi al suo ritorno Vincent ingannandola la porta in un manicomio privato.
Anna dovrà contare sulle sue forze per non impazzire lì dentro e capirà che potrà cercare aiuto solo all'interno.
Ci troviamo di fronte a due storie, la prima è quella di Anna che deve sopravvivere in questo luogo triste, capire come comportarsi, dimostrare la sua sanità mentale e di cui dobbiamo scoprire anche come mai ogni tanto abbia delle visioni; la seconda è quella di Catherine, la figlia del proprietario del manicomio e della sua famiglia. Due storie che si intrecceranno tra loro.
Lake House, questo il nome dell'istituto psichiatrico, viene descritto dall'autrice in un modo che riflette la situazione emotiva di Anna e i personaggi sono ben descritti caratterialmente in modo da portare il lettore a domandarsi e a riflettere sulla diagnosi di malato mentale perché chi è fuori a volte avrebbe più bisogno di aiuto di chi è internato.
La storia e le scene che mi hanno più incuriosito sono quelle che riguardano la famiglia Abse, perché permettono di capire meglio la personalità e gli interessi economici di Querios, il proprietario di Lake House e svelarci, ironia della sorte, quanto sia più problematica la sua vita rispetto a quella delle sue pazienti. Sua figlia Catherine ad esempio è una quindicenne che si nutre solo nell'anima leggendo Aurora Leigh, esempio di vita per lei portando così sua madre a preoccuparsi sempre di più della sua condizione fisica e il rapporto che instaurerà con Anna e il cercare di capire il motivo che si nasconde dietro al suo disturbo alimentare mi hanno tenuta incollata alle pagine.
Un altro aspetto molto interessante è la ricerca effettuata dal giovane dottor Lucas St Clair per dimostrare che attraverso la fotografia si possa diagnosticare in modo più preciso la malattia mentale e la conoscenza che farà con Anna lo aiuterà a trovare una risposta al suo quesito.   
E' una storia ben costruita con una trama molto interessante che ci fa entrare in un ipotetico manicomio dell'epoca, gli interessi reali che ci fossero dietro, la cattiveria, i metodi assurdi, la sofferenza di chi doveva viverci e come venivano considerate le donne. Ho trovato solo due scelte che non mi sono piaciute, il fatto di descrivere dettagliatamente le operazioni per preparare la macchina fotografica allo scatto ma questo è un gusto personale e l'altro, cercando di non fare spoiler, è il non aver descritto una scena importante tra Catherine e sua madre e aver risolto un'altra questione riguardante suo fratello troppo velocemente e senza spiegarla quindi per questi motivi non posso dare il massimo delle stelline. Spero di essere riuscita a incuriosirvi perché questo libro merita di essere letto perché è ricco di elementi interessanti e per farvi capire quanto mi sia piaciuto ho fatto un poema rispetto al solito... scusatemi🙈


L'AUTRICE
Wendy Wallace è una giornalista freelance e scrittrice, vive a Londra. I suoi articoli sono apparsi su varie testate, tra cui il «Times» e il «Guardian». Già autrice di racconti e saggistica (La bambina di polvere, Piemme, 2010), ha esordito con successo nella narrativa con La felicità è un battito d’ali, molto amato dal pubblico e dalla critica, e candidato al Desmond Elliott Prize come migliore opera prima. Ha appena dato alle stampe un secondo romanzo, The Sacred River.
wendywallace.co.uk


 

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